Roberta Lombardi, dove il M5S vince...Ma non troppo

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08/03/2018   17:41

Le elezioni regionali che vedono la lista Nicola Zingaretti la più votata del Lazio, hanno riassegnato il consenso al presidente uscente anche nell’area dei comuni prenestini, dove a distinguersi dopo Zingaretti è sempre Parisi, ma Casape e Cave preferiscono la Lombardi. Quarto in ordine di consensi è Pirozzi.

Ad Artena la sfida tra Zingaretti e Parisi viene vinta dal candidato del centrodestra. A Casape il Movimento Cinque Stelle – come ricordato – trionfa sul centrodestra, Parisi è secondo, Zingaretti terzo. A Castel San Pietro Romano, lo scontro fra i tre candidati maggiori assegna la vittoria al presidente uscente, mentre Parisi è secondo. Sambuci invece vuole Parisi seguito da Zingaretti e San Cesareo Parisi seguito dalla Lombardi. 
Il successo relativo di Roberta Lombardi in alcuni comuni del Lazio però non basta ad assicurarle un prestigio paritario.
Si, è vero, a Casape e in altri seggi l'hanno votata, negli altri comuni è arrivata sempre seconda o terza, spesso con margini esigui e tallonata dalla Lega. Ma Lombardi deve fare i conti con il suo recente passato, di una grillina che non può più brillare di luce propria e che viene portata sul podio elettorale grazie alla spinta del suo partito, che ha vinto le elezioni. Lombardi era la terza persona di spicco del M5S, dopo Beppe Grillo e Casaleggio, ma dopo la morte di quest'ultimo e l'ascesa di Virginia Raggi a sindaco di Roma (eletta al posto del favorito di Lombardi, Marcello De Vito), iniziò il suo declino. Lombardi  cercò di contrastare Raggi approfittando della bufera che l'ha colpita: quando Raffaele Marra, braccio destro del sindaco fu arrestato, Lombardi se ne attribuì il merito. Ma poi avvenne che Roberta Capoccioni, assistente della signora Lombardi e Presidente del III Municipio, fosse sfiduciata, ed ecco l'epilogo: mentre Virginia Raggi è ancora al suo posto, Roberta Lombardi deve accontentaarsi di un posto da consigliere acchiappato per il rotto della cuffia. Le divisioni interne ai partite, infatti, non sono materia esclusiva del PD, il quale ora potrà alzare la posta, perché la sua "porzione" serve sia al centro destra sia a tutte queste forze politiche sorrette da un populismo magmatico e diffuso in più direzioni che non riesce a trovare una sua connotazione definitiva, a giudicare dal consenso che non è riuscito ad ottenere dagli elettori i quali hanno sì sconfitto Renzi (per ora) ma non hanno "preferito a sufficienza" né i grillini né le altre forze in campo.